Corte cost. 13-03-2008 (13-02-2008), n. 57 (ord.)
Corte cost. 13-03-2008 (13-02-2008), n. 57 (ord.)
ORDINANZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 35, comma 26-quinquies, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, promosso con ordinanza del 28 febbraio 2007 dal Tribunale di Novara nel procedimento civile vertente tra F. A. e la S. s.p.a., iscritta al n. 519 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 58, prima serie speciale, dell'anno 2007.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 2008 il Giudice relatore Paolo Maddalena.
Ritenuto che il Tribunale di Novara, con ordinanza emessa il 28 febbraio 2007, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 35, comma 26-quinquies, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, nella parte in cui " inserendo la lettera e-ter all'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), ed attribuendo alle commissioni tributarie la cognizione dei ricorsi proposti avverso il fermo di beni mobili registrati di cui all'art. 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 " devolve alla giurisdizione delle commissioni tributarie, anziché a quella del giudice ordinario in funzione di giudice dell'esecuzione, anche i ricorsi dei terzi opponenti che, rivendicando la proprietà del bene mobile registrato, non sono debitori esecutati e non hanno un contenzioso pendente dinanzi alle menzionate commissioni tributarie;
che il giudizio a quo è stato promosso dal terzo proprietario, il quale si è opposto all'iscrizione da parte dell'esattoria del fermo amministrativo su veicoli non di proprietà del debitore contribuente esecutato;
che, quanto alla rilevanza della questione, il Tribunale rimettente ne motiva la sussistenza, affermando che la norma censurata sembrerebbe deporre per l'esclusione della giurisdizione del giudice ordinario in ogni caso di fermo amministrativo (anche non collegato ad un ricorso di natura tributaria), sicché soltanto la declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione stessa, quanto meno per la parte in cui devolve alle commissioni tributarie anche i ricorsi avverso i provvedimenti di fermo amministrativo proposti dai terzi opponenti (non aventi alcun contenzioso tributario pendente dinanzi alle commissioni tributarie), può far ritenere la giurisdizione del giudice ordinario;
che il giudice rimettente osserva che, anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 35, comma 26-quinquies, del decreto-legge n. 223 del 2006, la Corte di cassazione, a sezioni unite, aveva affermato che il fermo amministrativo è atto funzionale all'espropriazione forzata e che la tutela giudiziaria esperibile nei confronti di esso si deve realizzare davanti al giudice ordinario;
che il legislatore, consentendo la proposizione del ricorso avverso il provvedimento di fermo amministrativo dei beni mobili registrati soltanto dinanzi alle commissioni tributarie, avrebbe fatto venir meno la giurisdizione del giudice ordinario, tra l'altro dimenticando che l'esecuzione esattoriale viene adottata per la riscossione non solo dei crediti tributari, ma anche dei contributi INPS e INAIL e delle sanzioni amministrative pecuniarie inflitte dalla pubblica amministrazione (ad esempio, a seguito di contravvenzioni stradali), le cui controversie di merito non sono affatto devolute alle commissioni tributarie;
che, ad avviso del rimettente, la scelta operata dal legislatore in ordine alla giurisdizione delle commissioni tributarie sui ricorsi avverso i provvedimenti di fermo amministrativo contrasterebbe con l'attuale ordinamento legislativo dell'esecuzione esattoriale, nel quale permane la giurisdizione del giudice ordinario: a quest'ultimo verrebbe sottratto soltanto il controllo di una fase " quella relativa al fermo " che ha natura cautelare e prodromica al pignoramento ed è pertanto già inserita nella fase esecutiva;
che, secondo il giudice a quo, non sarebbe ragionevole né costituzionalmente legittimo che il legislatore abbia sottratto alla giurisdizione del giudice ordinario una fase del procedimento esecutivo esattoriale che, per tutto il resto, rimane sotto il controllo di quest'ultimo giudice;
che il rimettente sottolinea inoltre che dinanzi alle commissioni tributarie vi sono per il ricorrente delle limitazioni alla facoltà di provare le proprie ragioni, dovendo pronunciarsi le predette commissioni, salva l'ammissione di consulenza tecnica d'ufficio, solo su documenti e mai su testimonianze, ammesse invece, seppur in limitati casi, dall'art. 621 del codice di procedura civile;
che la scelta del legislatore di affidare un segmento del procedimento esecutivo esattoriale alla cognizione di un giudice speciale non sarebbe ispirato a ragionevolezza e contrasterebbe con l'ordinamento vigente, perché tra i principi generali cui il legislatore deve ispirarsi vi è quello fissato dall'art. 25 della Costituzione, per cui nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge: e nella fattispecie il giudice naturale sarebbe il giudice ordinario, la cui giurisdizione permane per tutto il resto del procedimento esecutivo esattoriale, salvo che per il fermo;
che " ricorda conclusivamente il rimettente " altro principio fondamentale è quello dettato dall'art. 102 della Costituzione, per cui non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali e, ove già vi siano, come le commissioni tributarie, ai medesimi non potrebbero essere attribuiti altri compiti del tutto diversi da quelli strettamente connessi con le loro funzioni;
che nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per l'inammissibilità o, comunque, per la non fondatezza della questione;
che, dopo aver sottolineato il contrasto tra il dispositivo e la motivazione dell'ordinanza di rimessione in relazione ai parametri evocati, la difesa erariale rileva che il giudice a quo ha omesso di verificare in modo analitico se siano consentite interpretazioni diverse della norma sottoposta a censura, tali da consentirne una lettura conforme ai principi costituzionali evocati;
che, in ogni caso, la questione sarebbe infondata, perché il legislatore gode di ampia discrezionalità nel definire la disciplina del processo e dei relativi istituti, e le relative scelte sono censurabili sotto un profilo costituzionale solo ove si manifestino irragionevoli ed arbitrarie;
che nella specie la scelta legislativa, mirante a risolvere le difficoltà interpretative della disciplina vigente, non sarebbe irragionevole, attesa la natura tributaria dell'atto sotteso all'emanazione del fermo amministrativo e la natura di parte nel relativo processo del concessionario procedente;
che, con la norma censurata, il legislatore non avrebbe istituito ex novo una giurisdizione speciale, essendosi limitato a disciplinare un aspetto processuale del procedimento esecutivo esattoriale, attribuendo la competenza a conoscere delle questioni concernenti una misura generale cautelare finalizzata ad assicurare la riscossione delle imposte al giudice cui spetta di decidere del credito garantito;
che l'ordinanza di rimessione " osserva infine l'Avvocatura " denoterebbe un uso distorto dell'incidente di costituzionalità al fine di sindacare scelte discrezionali del legislatore e tentare di conseguire l'avallo alla tesi interpretativa formulata.
Considerato che il dubbio di legittimità costituzionale, sollevato dal Tribunale di Novara, investe l'art. 35, comma 26-quinquies, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, nella parte in cui " inserendo la lettera e-ter all'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), ed attribuendo alle commissioni tributarie la cognizione dei ricorsi proposti avverso il fermo di beni mobili registrati di cui all'art. 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 " devolve alla giurisdizione delle commissioni tributarie, anziché a quella del giudice ordinario in funzione di giudice dell'esecuzione, anche i ricorsi dei terzi opponenti che, rivendicando la proprietà del bene mobile registrato sottoposto a fermo, non sono debitori esecutati e non hanno un contenzioso pendente dinanzi alle menzionate commissioni tributarie;
che, ad avviso del giudice rimettente, la norma denunciata violerebbe gli artt. 3 e 24 della Costituzione, perché il legislatore avrebbe irragionevolmente affidato un segmento del procedimento esecutivo esattoriale " quello relativo alla misura cautelare del fermo amministrativo, prodromica al pignoramento " alla cognizione delle commissioni tributarie, giudice speciale, sottraendola al giudice ordinario, la cui giurisdizione permane per tutto il resto del procedimento esecutivo esattoriale, salvo che per il fermo; ed avrebbe sottoposto a tale giurisdizione speciale anche il ricorso del terzo proprietario, con ricadute quanto al suo diritto di difesa, non essendo in alcun modo possibile dare ingresso alla prova testimoniale dinanzi alle commissioni tributarie;
che questa Corte ha più volte affermato che il giudice è abilitato a sollevare la questione di legittimità costituzionale solo dopo aver accertato che sia impossibile seguire un'interpretazione da lui ritenuta non contraria a Costituzione e che, conseguentemente, è manifestamente inammissibile la questione sollevata senza che il rimettente abbia dimostrato di avere esperito il doveroso tentativo di pervenire, in via interpretativa, alla soluzione da lui ritenuta costituzionalmente corretta (tra le tante, ordinanze n. 108 e n. 68 del 2007);
che l'ordinanza di rimessione muove da una lettura ampia della portata della norma denunciata per poi sollecitare, attraverso una pronuncia di illegittimità costituzionale, una riduzione dell'ambito della introdotta giurisdizione tributaria, senza spiegare perché la devoluzione alle commissioni tributarie dovrebbe operare anche là dove la controversia abbia ad oggetto l'opposizione promossa dal terzo che, senza contestare il rapporto tributario, si limiti a mettere in discussione l'appartenenza al contribuente debitore del bene mobile registrato sottoposto al fermo;
che, pertanto, la questione sollevata dal Tribunale di Novara è manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 35, comma 26-quinquies, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Novara con l'ordinanza indicata in epigrafe.
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